La tecnica nella moda

La correttezza e la coerenza dell’uso di termini tecnici è cruciale quando si traduce in ambito tecnologico. Per altri settori dove la creatività e il design sono l’aspetto più evidente e desiderabile da parte del consumatore, si tende invece a mettere in secondo piano l’aspetto tecnico. Tuttavia anche i settori più creativi devono sottostare alle regolamentazioni esistenti per l’identificazione dei prodotti. Queste regolamentazioni impongono il massimo rigore, soprattutto quando si esce dall’ambito europeo e si esporta in paesi dove le regole di etichettatura sono più stringenti.

Ciò è particolarmente vero per il settore della moda. Nel fashion infatti è preponderante la componente estetica e creativa, la sua anima artigianale fa sì che il settore sia ricco di espressioni gergali e tecnicismi relativi a lavorazioni e tessuti.

Gergo tecnico della moda

Esiste, ad esempio, il gergo dei nomi commerciali dei materiali, che necessitano di un’analisi approfondita per l’etichettatura e l’assegnazione della corretta nomenclatura doganale. Si può parlare di “nylon”, ma l’etichetta dovrà riportare semplicemente “poliamide”.

C’è anche un gergo creato per designare i materiali che possono risultare sensibili per determinate categorie di acquirenti, come i materiali di origine animale. Pelle, pellicce e lane vengono definiti negli uffici di sviluppo prodotto secondo un lessico cristallizzato nel tempo, mutuato da allevatori e conciatori, che il più delle volte non trova la propria controparte in ambito zoologico. L’opacità del termine tecnico viene in parte chiarita dall’indicazione del nome scientifico dell’animale, abbinato al termine gergale. Malgrado ciò, la commistione tra le due definizioni non tutela il produttore da possibili errori di etichettatura della merce.

Ambiguità pericolose delle traduzioni del settore moda

Un caso esplicativo è quello del murmasky. Si tratta di un termine in uso nella pellicceria per riferirsi al cane procione, un canide simile al procione appunto, originario dell’Asia e allevato anche in Finlandia. Data la somiglianza con il procione, viene definito a livello internazionale Chinese Raccoon o Finnraccoon.

L’ambiguità terminologica su questo animale è evidente, anche considerando che in USA c’è un forte dibattito sulle definizioni riportate, in quanto il Fur Labeling Act prevede che le etichette riportino un nome reale in lingua inglese, quindi non un nome gergale o commerciale. Molti quindi suggeriscono che la definizione corretta debba essere raccoon dog, ovvero cane procione. A causa dell’ambiguità e delle contestazioni esistenti, le maggiori catene eliminano del tutto la commercializzazione di questa pelliccia.

Da Chinese Raccoon all’utilizzo dell’abbreviazione raccoon il passo è breve. L’associazione tra i due animali è fuorviante in quanto si tratta di specie differenti. Se per distrazione si ponesse sull’etichetta di composizione la parola murmasky esplicitata dall’inglese raccoon e poi si traducesse partendo dall’inglese, il risultato potrebbe essere la traduzione “procione”. Con questa etichettatura la merce rischierebbe di essere sequestrata in un paese dove l’importazione del procione è vietata. Il fermo della merce in questo caso sarebbe immotivato poiché non è stato utilizzato un materiale vietato, ma potrebbe essere legittimato a causa della poca attenzione nell’utilizzo dei termini corretti.

L’istinto del traduttore salva la spedizione

Se ci limitiamo a popolare un file sorgente per una traduzione multilingue con definizioni gergali (“si è sempre chiamato così”, “la definizione è del fornitore”), nel migliore dei casi otterremo traduzioni letterali, che possono involontariamente risultare ingannevoli per il consumatore e causare fino al sequestro immotivato della merce in fase di sdoganamento.

Perciò non basta avere dei buoni tecnici di produzione, è necessario un traduttore esperto che si ponga le giuste domande e crei un ponte tra produzione e conformità doganale, usando come mezzo la chiarezza linguistica.
La sensibilità linguistica dei traduttori per un’azienda è una marcia in più per:

  • predisporre correttamente un file sorgente per testi multilingue
  • redigere documenti destinati all’esportazione della merce
  • predisporre schede tecniche
  • localizzare un sito e-commerce

In un’ottica di internazionalizzazione del commercio sempre più necessaria, e da un certo punto di vista, anche più facilitata, la correttezza documentale assicura rapidità di sdoganamento, quindi il rispetto dei tempi di vendita desiderati.

Autore
Rachele Cinarelli

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